L’origine dell’improvvisazione poetica e dell’ottava rima
a cura di Mauro Chechi
Ogni forma di linguaggio è sempre frutto di una stratificazione culturale dovuta alla presenza, nei vari territori, di popoli con identità diverse, e anche la poesia estemporanea basa le radici in un passato remoto e, avanzando con il tempo, lascia tracce del suo percorso storico-letterario-artistico. Pur limitando l’indagine ad un ambito ristretto, ossia ai paesi che parlano italiano, spagnolo e portoghese, è evidente che ci troviamo comunque di fronte ad un fenomeno di grande rilevanza che spazia in due continenti e proprio per questo, vista anche la differenza di fuso orario, si può immaginare che in ogni istante ci sia chi canta estemporaneamente versi poetici, piccole gocce, che si riversano sul fiume grande dell’inventiva e dell’improvvisazione.
Andando a ritroso nel tempo, in un intento operativo teso alla ricerca della sorgente di questo fiume e di questa arte tipicamente orale, ci imbattiamo nelle prime notizie su forme di improvvisazione praticate, a partire dal settimo secolo prima di Cristo, in una zona tra l’Etruria meridionale ed i Lazio abitata dai Prischi Latini. In una ricostruzione delle circostanze, che portarono alla realizzazione di questa esperienza poetica, basandosi sulla scorta della straordinaria testimonianza fornita da storici e presumibilmente estranei al repertorio della conoscenza mitica posseduta dagli aedi greci, nei giorni festivi, presso la misteriosa città di Fescennino, posta lungo la via Amerina, dopo aver riposto i frutti del loro lavoro, coperto il volto con una scorza di albero, cantavano improvvisando “versibus alternis”.
Di questi canti estemporanei, denominati “carmi fescennini”, parlano lo storico Livio oltre ai poeti Catullo, Virgilio e Orazio, il quale, in una sua epistola, scrive: …fescenina per hunc inventa licentia morem versibus alternis odbrobria rustica fudit… (…la licenza fescenina sorta attraverso questa usanza improvvisò con versi alterni grossolane ingiurie…).
La forma poetica praticata nel nostro tempo in Italia è l’Ottava Rima, componimento poetico cantato, molto diffuso nella fascia che va dalla Sardegna all’Abruzzo attraverso Toscana e Lazio. Si usa improvvisare le ottave cantando a cappella, lo schema metrico è fisso ed è intonato su una linea melodica che può mutare leggermente tra una zona e l’altra delle varie regioni. I primi esempi di Ottave risalgono al Boccaccio e, anche se non sappiamo esattamente la data , la poesia improvvisata è stata praticata fina la quindicesimo secolo.
Con il modulo fisso dell’ottava, molti aspiranti “poeti” o “cantori” o più semplicemente gente comune, talvolta addirittura analfabeta, poteva cimentarsi in racconti di fatti, storie oppure fare a gara (a contrasto) con un altro “bernascante” su due soggetti contrastanti senza bisogno di conoscere la musica o di avere strumenti musicali, utilizzando solamente la propria inventiva e la voce.